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Visualizzazione dei post da gennaio, 2013

Django Unchained: western pulp

Ha fatto discutere tanto questo “Django” di Tarantino, forse perché dentro al film c’è tanta materia che scotta. Chi ha visto i film precedenti di Tarantino, sa quanto è importante il “citazionismo”, ma come ogni cosa, si sa che bisogna usarla con la dovuta cautela. E siccome il regista di Pulp Fiction e Kill Bill abbonda in citazioni, l’ha fatto anche stavolta. Essere un artista significa citare, stravolgendo le regole e l’ordine naturale delle cose. L’arte raggiunge il suo compimento, quando si supera. La storia narra le vicende di Django (Jamie Foxx), schiavo di colore, che viene “adottato” da un cacciatore di taglie, King Schultz (Christoph Waltz) per fare squadra e ammazzare taglie importanti. Solo che Django vuole trovare la sua amata Bromilda, che a sua volta è schiava presso la tenuta di un negriero del Mississippi, Calvin Candy (Leonardo Di Caprio). Poi, ci sono tanti altri personaggi figli del b-movie e del cinema americano degli anni ’70 e ’80. Se è un western? No,

Cloud Atlas: come cambia il tempo

Per fare un cocktail, oppure, un minestrone non si può pensare di metterci di tutto e di più, altrimenti, si arriva ad alterarne il sapore. Se nella gastronomia, quindi, si rispettano delle regole, lo stesso vale per il cinema. In Cloud Atlas si chiede un impegno non da poco allo spettatore. E di spettatori ce ne sono di due tipi: quelli che vanno a vedere il film per passare il tempo e quelli che vanno a vederlo per farne poi una discussione (sono i più rari). Per quest’ultimi potrebbe essere gradito; per i primi, invece, assolutamente sconsigliato. Tre ore quasi, di storie concatenate in maniera magistrale. Il montaggio somiglia tanto a quello di Babel di Iñárritu; i fratelli Wachowski sono abili a giocare con “le ere”: presente, passato, futuro e futuro distopico. Giocano con i temi che hanno disegnato lo scenario storico dell’umanità: la libertà, il sacrificio, l’amore, il senso di colpa e il potere; li estendono, soprattutto, nel futuro e li analizzano filosoficamente nell’in

Jack Reacher e il Cruise-show

Forse è il Cruise ─ show? Chiamatelo come volete, perché Jack Reacher è un film che inchioda alla sedia, nonostante alcune sottese sbavature di eroismo all’americana e colluttazioni corpo a corpo, con armi bianche, tipiche delle pellicole anni ’90, il film convince, piazzandosi tra il prodotto commerciale e quello di genere. Tom Cruise ha più di cinquant’anni, ma ha la stessa energia del pivello di Risky Businness ; certo la stazza ormai è da palestrato tutto pesi e steroidi, però nei ruoli d’azione ci sa fare. Tratto da “One Shot” bestseller di Lee Child: tutto ha inizio con una strage di civili, da parte di un cecchino; e sarà questo a far aprire una serie d’interrogativi, quando proprio lo stesso cecchino chiamerà in causa Jack Reacher. Difficile pensare che il film sia un thriller classico, ha tante sfaccettature tipiche del fumetto: inseguimenti in Camaro , tra una sgommata e un testa coda; con quel meccanicismo che ricorda un po’ Mann e tanto Donner. Un film che attira un p