Paul Thomas Anderson ricrea un'innovativa trasposizione dei tempi affannosi che stiamo vivendo, rileggendo ancora il romanziere Thomas Pynchon dopo Vizio di Forma. Questa volta il regista losangelino s'ispira a Vineland, romanzo ambientato in California (come questa pellicola) nell'anno della rielezione di Ronald Reagan. Anche se, diacronicamente, PTA inquadra i personaggi nel clima storico del trumpismo.
È il decimo film del regista, che ha firmato capolavori come Il Petroliere, Il Filo Nascosto e Boogie Nights -L'altra Hollywood.
Una Battaglia dopo l'altra (2025) lo si potrebbe annoverare tra i sopracitati, ma con circospezione, perché la pellicola potrebbe essere letta (o male interpretata) da chi non abbia gli strumenti necessari per comprendere ciò che sta accadendo in America e, di riflesso, nel resto del mondo.
La bellezza del film, girato in VistaVision a 35mm, sta nella sua totale irregolarità narrativa, nell'essere politicamente scorretto, poiché dileggia gli estremismi di ambo le parti. PTA ci fa riflettere quanto sia sbagliato servirsi della violenza. L'America di oggi ha un serio problema con la violenza: la violenza in America, negli ultimi anni, si è insinuata nella politica e nella dialettica politica; basti pensare all'attentato di Trump e, in ultimo, all'omicidio dell'attivista politico e conservatore Charlie Kirk. Quindi, bisogna servirsi di una violenza pseudo-rivoluzionaria per sradicare l'ordine costituito? Ci domanda il regista: poi però, l'ordine costituito si servirà di perfetti "idioti", altamente addestrati, per ritorcersi contro a "qualsiasi outsider" con una violenza altrettanto più amplificata. Questi "idioti" sono a loro volta gestiti da massoni suprematisti bianchi, ancora più idioti che non si vergognano di credere a Babbo Natale, nel senso letterale del termine. Ed è per questo motivo che Una Battaglia dopo l'altra è un film estremamente politico: il personaggio di Sean Penn, Lockjaw, è tanto comico quanto triste, con quello sguardo che assomiglia ad un altro personaggio, Amedeo Battipaglia, interpretato da Alberto Sordi in Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata. Lockjaw è un deficiente che non sa di esserlo e dunque pericoloso anche per la reputazione ariana dei suoi superiori. L'interpretazione di Sean Penn è da Oscar proprio perché l'attore ha caricaturato all'estremo un topos come il militare di Stato. E Bob Ferguson? Un precario, che fuma erba in vestaglia sul divano di casa per stemperare la sua condizione di outsider, ma che non vuole denaturare i valori della famiglia e, come un moderno Odisseo che non sa usare un fucile, non sa detonare bombe e non sa imparare le password a memoria, reagisce lebowskianamente al potere.
Che dire... il film è tecnicamente impeccabile: dalla fotografia di Michael Bauman e dello stesso PTA alle colonne sonore di Johnny Greenwood; ma anche la scelta delle locations. La scena dell'inseguimento in auto nel deserto al confine tra Messico e U.S.A. sembra farci rivivere certe atmosfere di Chi ucciderà Charlie Varrick?
L'opera sicuramente acquisterà con gli anni sempre più valore. Una satira pungente sulle ultradestre e sul militarismo subliminale delle odierne "democrazie".
Lo storico Carlo M. Cipolla disse che gli idioti sono dannosi per se stessi quanto per gli altri, ma, dopo aver visto questo film, possiamo aggiungere che possono essere grandemente distruttivi quando hanno tra le mani il potere politico, tecnologico ed economico.

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