Passa ai contenuti principali

LA FINE DELL'ERA POSTMODERNA E LA PAURA PER LA CRISI

Non vorrei risultare ripetitivo e neanche troppo prolisso sul fenomeno della crisi. Il bello è che anche se non volessimo parlarne prima o poi finiremmo per farlo, perché in tv e su internet non si parla di altro.
Leggendo un articolo sul famoso quotidiano "Il Corriere della Sera", precisamente, nello spazio riguardante "Pubblico & Privato" di Francesco Alberoni ho potuto constatare la serie di difficoltà che in questo nuovo millennio dovremo affrontare.
È bello sentirsi dire dal proprio presidente del consiglio: « ma no dai... la crisi non c'è... la gente deve consumare di più ».
Scoppiano chiaramente le risate di fronte a tale dichiarazione. Poiché è evidentissimo che la gente non riesce ad arrivare a fine mese e se lo fa, ovviamente, ci riesce a stento.
La situazione è a dir poco insostenibile. Lo stato italiano se dovessimo fare una analisi veloce ha dei problemi importanti nell'ambito della sicurezza sociale ove previdenza ed assistenza iniziano a diventare due parole lontanissime per le nuove generazioni.
L'inflazione che determina un aumento dei prezzi, ma che dovrebbe conseguentemente farlo pure con la spesa pubblica, tormenta la compagine imprenditoriale e mette in seria difficoltà la gente. Nell'ultimo anno c'è stato un aumento del prezzo del pane e della pasta, dove peraltro ci sono in corso controlli dell'anti-trust.
Aumentare la spesa pubblica. Anche qui però c'è da dire che l'aumento delle spese poi deve essere compensato dalle elargizioni delle entrate, per non creare deficit di bilancio.
Poi oltre al problema economico-finanziario troviamo quello sociale. Qui Alberoni dice quasi con esaustiva convinzione che adesso è ora di finirla con lassismo e chiacchiere, adesso vogliamo concretezza.
Le aziende vogliono risultati a breve, tutto è diventato più veloce e superficiale. Le persone cercano la fortuna immediata nella tv e lo spettacolo, e non riescono a guadagnarsi il risultato attraverso la fatica fisica o intellettuale.
C'è il mezzo mediatico e cybernetico che allontana un po' tutti dal concetto di realtà, raggruppandoci in compagini virtuali. Si dovrebbe tornare come nelle polis greche. Si deve parlare insieme nelle agorà o nelle piazze.

Commenti

Post popolari in questo blog

La Furia di un Uomo, la recensione

Jason Statham ha già collaborato con il regista Guy Ritchie, era nel cast di Lock, Stock and Two Smoking Barrels (1998), film rivelazione per entrambi. Ne La Furia di un Uomo (2021), su Prime Video dal 27 dicembre 2021, Ritchie dirige di nuovo Statham che veste i panni di "H", un ibrido tra un John McClane e un Bryan Mils di Io vi Troverò e che dispensa battute ermetiche e ossa rotte in quantità uguali. Detta così pare si tratti di un b-movie qualsiasi, ma, fortunatamente, non lo è. Guy Ritchie è un regista abile nel ricomporre sceneggiature lineari attraverso il montaggio disorganico e le riprese poliedriche. Alcuni suoi lavori sono azzeccati (gli Sherlock Holmes , The Gentlemen , Snatch ), altri un po' meno ( King Arthur , Aladdin e il remake/floppone Swept-Away ). Con La Furia di un Uomo Guy Ritchie, invece, si è mantenuto in bilico, raggiungendo un equilibrio tra action tradizionale e heist movie . La Furia di un Uomo, da quello che si legge in giro, è un remake...

Ferrari. La recensione

Non c'è bisogno di essere dei cinefili per accorgersi che Ferrari [2023] non sembra un film girato da Michael Mann, ma è firmato dal maestro Michael Mann. Sì, proprio lui, il regista di Heat - La sfida, di Collateral, dell'epico L'Ultimo dei Mohicani. Se è un film riuscito? No, anche se non mancano momenti di una certa suspense, specie nelle scene delle gare automobilistiche, nelle quali si riescono a percepire quelle inquadrature annesse all'abitacolo da lato cofano, dallo specchietto laterale o da lato bagagliaio, che tanto ricordano gli indrappelli della Ferrari Daytona Spyder 365 GTS/4 in Miami Vice - La serie, guidata da Sonny Crockett (Don Johnson). Non si può tantomeno definirlo un biopic, poiché non racconta l'intera vita di Enzo Ferrari (un Adam Driver rattrappito sia nei movimenti, sia nella recitazione), ma s'incentra nell'anno 1957. Si dice che raccontare la vita privata degli idoli sia deleterio, perché renderebbe l'idolo un semplice mortal...

Chi segna vince: quando la sconfitta insegna a vincere

La squadra di calcio delle Samoa americane divenne celebre per una clamorosa sconfitta: aver incassato, nel 2001, ben trentuno goal contro l'Australia, nell'incontro che si tenne a Coffs Harbour; un risultato oltre il tennistico, tanto da diventare un riconoscimento da Guinness dei primati. Ovvio è che un risultato simile annichilisca squadra, allenatore e società. Infatti, per una decina d'anni la squadra delle Samoa subì un vero e proprio blocco evolutivo e fu così che decisero di ingaggiare un allenatore olandese: il mr. Thomas Rongen [persona sui generis col "vizio della bottiglia" e con un temperamento irascibile sfociante in noti scatti d'ira]; l'obiettivo del coach Rongen doveva essere di far segnare almeno un goal alle Samoa, che era già un traguardo ancora più arduo, che vincere di netto una partita. Taika Waititi, premio Oscar per Jojo Rabbit (2019) dirige Chi segna vince  (2023) un film nostalgico sulla terra che gli ha dato i natali, attraverso...