Passa ai contenuti principali

La Furia di un Uomo, la recensione

Jason Statham ha già collaborato con il regista Guy Ritchie, era nel cast di Lock, Stock and Two Smoking Barrels (1998), film rivelazione per entrambi.

Ne La Furia di un Uomo (2021), su Prime Video dal 27 dicembre 2021, Ritchie dirige di nuovo Statham che veste i panni di "H", un ibrido tra un John McClane e un Bryan Mils di Io vi Troverò e che dispensa battute ermetiche e ossa rotte in quantità uguali. Detta così pare si tratti di un b-movie qualsiasi, ma, fortunatamente, non lo è.

Guy Ritchie è un regista abile nel ricomporre sceneggiature lineari attraverso il montaggio disorganico e le riprese poliedriche. Alcuni suoi lavori sono azzeccati (gli Sherlock Holmes, The Gentlemen, Snatch), altri un po' meno (King Arthur, Aladdin e il remake/floppone Swept-Away). Con La Furia di un Uomo Guy Ritchie, invece, si è mantenuto in bilico, raggiungendo un equilibrio tra action tradizionale e heist movie.
La Furia di un Uomo, da quello che si legge in giro, è un remake di un film francese del 2004, Le Convoyeure del regista Nicolas Boukhrief (che lo scrivente non ha visto!).

È l'odissea di "H" (Statham), il quale è assunto da una società di vigilanza e trasporti di furgoni portavalori. Nell'incipit assistiamo ad un processo d'iniziazione di H per essere accettato all'interno del gruppo di lavoro e dimostrerà, ben presto, di che stoffa è fatto. Al suo fianco Bullet (un bravissimo Holt McCallany) e il pignolo Boy Sweat (Josh Hartnett), i quali lo includono nel loro team di autisti, pronti ad affrontare i primi viaggi, nei quali subiranno tentativi di rapina. H si mostrerà proattivo, forse fin troppo, ma rimarrà sempre criptico e taciturno; per i colleghi è uno di cui non ci si può fidare! Ad un certo punto si susseguiranno dei salti temporali, che ci presentano una banda di rapinatori (ex-marines), che sta pianificando un colpo proprio ad uno dei portavalori della società per cui lavora H. I malviventi in questione sono interpretati da Scott Eastwood, Jeaffrey Donovan e altri ceffi.

Guy Ritchie, in conclusione, dirige un polpettone narrativo e lo riduce ad un revenge movie. Però le scene d'azione e la dinamica sono prorompenti. Le sparatorie sono ben costruite e le mattanze che ne conseguono risultano banalizzate, ma in un heist movie, in cui gli uni non si fidano degli altri, calzano bene.

Difetti in quest'ultimo film di Guy Ritchie? Se ne possono trovare: sicuramente uno tra i tanti è la mancata resa dei personaggi e la loro concatenazione negli snodi narrativi.

I movimenti di macchina sono audaci, segmentati e supportati da un montaggio sonoro notevole per dare verosimiglianza alle scene di sparatorie. Il regista ci propina così una trovata d'intrattenimento con un plot inadeguato, ma per chi guarda ci guadagna in divertimento.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il Mezzogiorno in "crisi apparente"

Se nel periodo invernale si giocava sul problema della crisi e delle persone che non riuscivano ad arrivare a fine mese, adesso, durante l'estate ci si dimentica che in fin dei conti non stiamo poi così male. L'estate è il momento in cui tutti si concedono la vacanza e l'Italia di mete ambite ne ha non poche: la Sardegna, la Calabria, l'Emilia-Romagna e la Puglia. Ed è proprio quest'ultima che sta spopolando soprattutto nelle zone del basso Salento: Otranto, Santa Maria di Leuca e Gallipoli. I flussi turistici sono variegati, molti napoletani, romani, toscani, ma anche Veneti e Lombardi. Una meta calda, poi specialmente, in questo mese dove si son sfiorati anche i 40° gradi all'ombra, e dove si vive l'estate intensamente. La movida notturna non manca con le discoteche all'aperto più note del salento: Guendalina, Quartiere Latino, Rio Bo, Casablanca, ecc... I servizi di ristorazione sono buoni, anche i prezzi, insomma, divertirsi a costi bassi. L'

Oppenheimer: quando distruzione e resurrezione coincidono

È superfluo usare l’appellativo “bello” per definire il nuovo film di Cristopher Nolan, sarebbe più appropriato “sorprendente”. J. Robert Oppenheimer, conosciuto ai più come “il padre della bomba atomica”, racchiuse in sé un gigantesco scrupolo di coscienza, che qui è raccontato in tre ore tormentate. Benché Oppenheimer (2023) ripercorra la vita turbolenta del fisico americano, che ha contribuito prima allo studio astratto e dopo alla ricerca e sviluppo empirico della bomba atomica, resta, comunque, un dramma sulla coscienza di un genio che concepisce la sua creatura e che la porta alla conoscenza collettiva, divenendo “errore cosmico”: condannando uomini, donne e bambini a quelle sventure che furono Nagasaki e Hiroshima. La sceneggiatura è basata su “American Prometheus”, libro biografico scritto da Kai Bird e Martin J. Sherwin nel 2005. Oppenheimer divenne chief del “Progetto Manhattan” dal ‘42 al ‘46; egli si fece costruire un laboratorio nel deserto di Los Alamos, nel Nuovo Messic