Il secondo capitolo del film di Steven Soderbergh si mostra più intenso, anche se non mancano quelle solite inquadrature lente con sottofondo musicale minimalista. Questa volta il rapporto Che/Fidel Castro è notevolmente distaccato; la bellezza delle scene della siera boliviana, si scontrano con quelle crude delle lotte guerrigliere. È uno scenario triste, l'atmosfera che rilasciano le scene, i colori e le ambientazioni, fanno del film una via crucis del tormentato cammino del Che, fino all'epilogo che lo consacrò come uno delle icone rivoluzionare del '900.
La cosa più brutta è che, in Italia dove dominano le storielle sentimentali di Silvio Berlusconi, non si è dato spazio ne in RAI, figuriamoci a Mediaset, per un trailer o un piccolo spazio promozionale a questo incompreso capolavoro. Solo al "Cinematografo" di Marzullo in onda dopo l'una di notte, se ne è parlato ed anche bene; un film di una certa raffinatezza che non sfocia mai nel banale e nello scontato; tenendo lontano quella che è l'immagine commerciale di Che Guevara, un uomo fin troppo distante dagli stereotipi della sinistra italiana ed internazionale.
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