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Non permettiamo alla Storia di ripetersi una seconda volta di Alessandro Romano


Caro Enrico,

già altre volte ho partecipato con qualche articolo a questo tuo blog. Abbiam scritto di tutto, dal calcio al cinema e abbiam parlato di questo e di quell’altro angolo di mondo. A volte per giocare, a volte per mettere nero su bianco qualche opinione, azzardata forse, ma mai per nulla banale. Abbiam ed hai scritto sempre e comunque di ciò che si ritiene giusto che si scriva. Mossi forse da ideologie, per quanto ancora possano contare, e da impressioni.

Mai, però, per quel che mi riguarda, ho scritto guidato dai sentimenti.

E lo faccio questa volta, qui, nello spazio che gentilmente offri nel tuo blog a chiunque abbia voglia di dire qualcosa.

Il sentimento che mi muove è quello della rabbia. Rabbia mista a paura!

Mi fa paura la pochezza di pudore di Silvio Berlusconi e dei suoi paggetti e cortigiani!

Non posso farci niente, mi fanno paura. Paura e rabbia per l’impossibilità di agire a cui ci hanno costretto.

O forse no? O forse qualcosa possiamo fare?

Ho l’abitudine di rispolverare qualche frase fatta, magari presa in prestito dal mio cervello in un qualche libro o in una vecchia lezione al liceo.

L’ho già usata anche in questo blog per quanto riguarda i fatti di inizio anno in medio oriente, ossia la strage degli innocenti di Gaza.

Marx diceva:la Storia si ripete due volte, la prima in tragedia, la seconda in farsa’.

Non ho risposte alle domande di prima, ma di sicuro potrei affermare che siamo moralmente obbligati a fare qualcosa.

Dobbiamo fare qualcosa! Dobbiamo evitare che la tragedia, già accaduta, si ripeta una seconda volta.

Altrimenti si trasformerebbe in farsa, e noi saremmo i colpevoli di questa farsa in quanto non abbiamo usufruito della lezione che la Storia ci ha lasciato in eredità.

Mi riferisco alle ultime dichiarazioni del pregiudicato ed illegale presidente del consiglio sia nella sua conferenza stampa, sia davanti agli industriali di Confindustria dove ha platealmente delegittimato il potere del Parlamento.

Vengono i brividi, e ti spiego il perché invitandoti a leggere questo documento anch’esso spolverato da vecchi libri di storia:

Signori, quello che io compio oggi, in questa Aula, è un atto di formale deferenza verso di voi e per il quale non vi chiedo nessun attestato di speciale riconoscenza […]

Lascio ai melanconici zelatori del supercostituzionalismo il compito di dissertare più o meno lamentosamente su ciò. […]

Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ci abbandona dopo la vittoria. Con 300 mila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.
Gli avversari sono rimasti nei loro rifugi […]

Ho costituito un Governo di coalizione e non già coll'intento di avere una maggioranza parlamentare, della quale posso oggi fare benissimo a meno, ma per raccogliere in aiuto della Nazione boccheggiante quanti, al di sopra delle sfumature dei partiti, la stessa Nazione vogliono salvare. […]

L'aumento del prestigio di una Nazione nel mondo è proporzionato alla disciplina di cui dà prova all'interno. […] Le grandi città ed in genere tutte le città sono tranquille: gli episodi di violenza sono sporadici e periferici, ma dovranno finire. […] la legge sarà fatta rispettare a qualunque costo.

Non bisogna dimenticare che, al di fuori delle minoranze che fanno della politica militante, ci sono quaranta milioni di ottimi italiani i quali lavorano, si riproducono, perpetuano gli strati profondi della razza, chiedono ed hanno il diritto di non essere gettati nel disordine cronico, preludio sicuro della generale rovina. Poiché i sermoni - evidentemente - non bastano, lo Stato provvederà a selezionare e a perfezionate le forze armate che lo presidiano: lo Stato fascista costituirà una polizia unica, perfettamente attrezzata, di grande mobilità e di elevato spirito morale […]’

Questo è uno stralcio del famigerato discorso, ribattezzato poi ‘discorso del bivacco’, pronunciato alla Camera da Mussolini il 16 novembre 1922.

Non lo trovo per nulla anacronistico, però.

Vi si posson trovare le stesse identiche parole.

Vi si può trovare la stessa presunzione ed arroganza.

Vi si può scorgere lo stesso modesto livello culturale.

Vi si può scorgere l’uso degli stessi bassi mezzi politici.

Vi si scorge l’identica delegittimazione dell’organo del Parlamento.

E da parte nostra, vi si posson scorgere le stesse paure e preoccupazioni.

Vi troviamo tutte le misure che il governo Berlusconi sta prendendo in merito ai temi di sicurezza e giustizia.

Ultimo argomento, questo della giustizia, che sta molto a cuore di Berlusconi dato che è in prima persona coinvolto.

Evitiamo che questa deriva democratica che sta avvenendo in Italia si allarghi ancora di più.

È stato assassinato lo Stato di diritto, in un paese dove, tra varie porcate, la legge non è più uguale per tutti, ma solo per alcuni.

Un paese dove è morta l’opinione pubblica.

È questo il nostro obbligo morale.

Non aspettiamo un nuovo Matteotti.

Non aspettiamo di sentire un’altra volta queste parole:

Io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Il Governo è abbastanza forte per stroncare in pieno definitivamente la sedizione […]’

(discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925 alla Camera)

Non permettiamo alla Storia di ripetersi una seconda volta, perché sarebbe una farsa.

E noi i taciti colpevoli.

Sfruttiamo le lezioni che la nostra Storia ci insegna e che ci ha lasciato in eredità.

Eredità non certo inutile quella della Storia, poiché ignoriamo che il passato ci serve per costruire il futuro.

Carissimi amici, quanto abbiamo da imparare dalla Storia!

Alessandro Romano

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