Quarant'anni fa Harriet scomparì da una riunione di famiglia sull'isola abitata dal potente clan dei Vanger, nonché proprietari dell'isola stessa.
Il corpo della ragazza non verrà mai trovato, e lo zio della vittima scomparsa sarà sempre più convinto che la nipote è stata assassinata. Perciò decide di affidarsi ad un giornalista investigativo, interpretato da Michael Niqvist, poco convincente a livello interpretativo, mentre, invece, la giovanissima Noomi Rapace è bravissima, e dà vita ad un personaggio che data la sua tendenza dark-punk, ma non solo, anche i suoi atteggiamenti disturbati, entrerà nella storia del cinema thriller.
Il romanzo di Karl Stig-Erland Larsson è stato notevolmente sintetizzato, è normale che il cinema si serva della sintesi per poter trasportare in immagini le parole; ma il film è avvincente, a tratti lento, senza uscire però dal filo intricato che caratterizza la ragnatela della storia, che cerca di far deviare più volte l'opinione dello spettatore sul «chi sarà l'assassino?». Chi avrà letto il libro noterà delle imperfezioni o comunque poche coesioni con esso, ma il film di Oplev regista svedese doc mostra che non sempre i grandi thriller li possono fare solo i De Palma, i Greengrass, i Nolan o altri, anche il nord europa sviluppato, quello che sfrutta l'energie rinnovabili, quello pacifico che è al di fuori delle dispute internazionali, quello delle belle ragazze: sa farsi valere. Un film sulle donne che si "incazzano" come in Kill Bill di Tarantino, sulla voglia di ottenere qualcosa lottando e superando le barriere dell'odio razziale.
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