Quando l'azione inizia a farsi sempre più potente è a quel punto che devi dire a te stesso: «questo è un film di Michael Mann». John Dillinger viene portato in vita sullo schermo, dal regista con lo stile più fine e dettagliato di Hollywood, insieme a Soderbergh. Michael Mann lascia gli scenari metropolitani di Miami e di Los Angeles, per immergersi nella storia degli anni '30. Dillinger era un criminale che rapinava banche in compagnia di amici fedeli. Evaso da molte galere divenne in quel periodo una sorta di star del cinema; ogni santa volta che veniva arrestato, le strade si riempivano di gente che lo applaudiva. Una scena significativa del film mostra profondamente il lato umano di Dillinger. Durante una rapina, un uomo nella banca gli da i propri soldi, ma Dillinger risponde: «non vogliamo i tuoi soldi, noi vogliamo i soldi della banca». Ben incarnato da un Johnny Depp direi epocale, tanto per la sua espressione tormentata, quanto per i tratti spavaldi che dà a Dillinger che era pur sempre un criminale. Un polar anni '30, si potrebbe definire con molti omaggi a Jean Pierre Melville e Francis Ford Coppola, come la scena dell'inseguimento nella foresta simile alla sequenza in apertura de "I senza nome". C'è una maniacalità stilistica che reca dettaglio sulle armi di quel periodo, trasformando le caratteristiche di un melodramma, in un melodramma di pura azione. Come in ogni capolavoro di Mann, la polizia ha un significato centrale. Se in "Heat-La Sfida" la polizia era «il buono» e De Niro «il cattivo» bandito; qui è l'opposto. Melvin Purvis G-man freddo e poliziotto astuto interpetato da Christian Bale esiste poco nel film. Mann a questo punto ha glissato l'immagine del poliziotto organizzato e cinico professionista, alzando il gomito sul romanticismo di un Johnny Depp sempre bravo e coinvolgente. I colori sono saturati e l'effetto seppia contorna l'atmosfera di una Chicago che vive con il terrore la fantasmagorica immagine di Dillinger. I primi piani sono strettissimi, con un uso della telecamera digitale frequentissimo. Sublime, quasi da far venire la pelle d'oca. L'azione in questo modo, lo avevamo già visto in «Collateral», viene massimizzata, facendo restare lo spettatore di stucco e focalizzando la grandezza dei dettagli. Se in Collateral la notte era la vera protagonista, in Nemico Pubblico i dettagli ne sono il nastro trasportatore. La polizia è ostile, è cattiva, a volte ridicola, ma diventerà, nel corso del film, la vera protagonista, poiché umana e quindi con le sue debolezze, patriottica e corrotta. E sarà proprio la corruzione tra mafia e polizia che sarà il tema di fondo, di questa geniale pellicola diretta da Michael Mann.
Quando l'azione inizia a farsi sempre più potente è a quel punto che devi dire a te stesso: «questo è un film di Michael Mann». John Dillinger viene portato in vita sullo schermo, dal regista con lo stile più fine e dettagliato di Hollywood, insieme a Soderbergh. Michael Mann lascia gli scenari metropolitani di Miami e di Los Angeles, per immergersi nella storia degli anni '30. Dillinger era un criminale che rapinava banche in compagnia di amici fedeli. Evaso da molte galere divenne in quel periodo una sorta di star del cinema; ogni santa volta che veniva arrestato, le strade si riempivano di gente che lo applaudiva. Una scena significativa del film mostra profondamente il lato umano di Dillinger. Durante una rapina, un uomo nella banca gli da i propri soldi, ma Dillinger risponde: «non vogliamo i tuoi soldi, noi vogliamo i soldi della banca». Ben incarnato da un Johnny Depp direi epocale, tanto per la sua espressione tormentata, quanto per i tratti spavaldi che dà a Dillinger che era pur sempre un criminale. Un polar anni '30, si potrebbe definire con molti omaggi a Jean Pierre Melville e Francis Ford Coppola, come la scena dell'inseguimento nella foresta simile alla sequenza in apertura de "I senza nome". C'è una maniacalità stilistica che reca dettaglio sulle armi di quel periodo, trasformando le caratteristiche di un melodramma, in un melodramma di pura azione. Come in ogni capolavoro di Mann, la polizia ha un significato centrale. Se in "Heat-La Sfida" la polizia era «il buono» e De Niro «il cattivo» bandito; qui è l'opposto. Melvin Purvis G-man freddo e poliziotto astuto interpetato da Christian Bale esiste poco nel film. Mann a questo punto ha glissato l'immagine del poliziotto organizzato e cinico professionista, alzando il gomito sul romanticismo di un Johnny Depp sempre bravo e coinvolgente. I colori sono saturati e l'effetto seppia contorna l'atmosfera di una Chicago che vive con il terrore la fantasmagorica immagine di Dillinger. I primi piani sono strettissimi, con un uso della telecamera digitale frequentissimo. Sublime, quasi da far venire la pelle d'oca. L'azione in questo modo, lo avevamo già visto in «Collateral», viene massimizzata, facendo restare lo spettatore di stucco e focalizzando la grandezza dei dettagli. Se in Collateral la notte era la vera protagonista, in Nemico Pubblico i dettagli ne sono il nastro trasportatore. La polizia è ostile, è cattiva, a volte ridicola, ma diventerà, nel corso del film, la vera protagonista, poiché umana e quindi con le sue debolezze, patriottica e corrotta. E sarà proprio la corruzione tra mafia e polizia che sarà il tema di fondo, di questa geniale pellicola diretta da Michael Mann.
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