Il mio nome è Khan. Khan è il nome anche dell'attore, Shah Rukh Khan. Bollywood che arriva ad Hollywood. Una pellicola che non annoia mai. Ogni scena delinea la vita del personaggio. Un uomo che soffre di una malattia, la sindrome di Asperger. Una sindrome che non permette di esprimere fisicamente le proprie emozioni ed i propri sentimenti; questa patologia, è una forma di autismo, che innesca delle fobie, come la cromofobia, specialmente, per il colore giallo. Khan nasce in India, in un villaggio e viene cresciuto con cura e dedizione dalla madre, che cosciente dei problemi del figlio, lo coccola, scatenando la gelosia del fratello minore. Khan come molti autistici, sviluppa istinto e capacità intellettive, soprattutto pratiche, come quello di aggiustare lavatrici, elettrodomestici, per tutto il villaggio. Ma la vita cambia le cose, gli anni passano e la vita dei personaggi prende strade diverse. Il fratello minore una volta raggiunta la maggiore età, vince una borsa di studio negli Stati Uniti, lasciando Khan con la madre. I colori accesi e le riprese fatte di carrellate e virtuosismi, ci ricordano Soul Kitchen e Sognando Beckam, anche se l'aspetto del personaggio sia nei comportamenti che nelle vicissitudini, ricorda molto Forrest Gump, in salsa indiana, ovviamente.
Khan arriva a San Francisco dopo la morte della madre, dove comincia a lavorare nell'impresa del fratello, che è un imprenditore di cosmetici. Qui gli si apre un mondo fatto di persone buone e persone cattive, come amava spiegargli la madre quando era bambino, facendogli capire che le differenze tra persone non esistono per via della religione, ma esistono solo per le azioni buone e le azioni cattive, che questi fanno verso i loro simili. Qui è anche il periodo del post 11 Settembre, che apre la strada alle guerre in medioriente, e alla mania "fantasma" che George W. Bush ha trasmesso del terrorismo. Khan è musulmano ed essere un musulmano, non gli darà vita facile; anzi comprometterà seriamente la sua vita, catapultandolo in una avventura, in un viaggio che ha come meta il Presidente neoeletto degli Stati Uniti d'America: Barack Obama. Da vedere, perché non annoia mai, anzi, ci lascia col sorriso sulle labbra. Un melodramma convincente sia per la storia che per come è girato. Una favola che mette in rilievo il significato dell'uguaglianza degli uomini e delle religioni.
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