Drive. Semplice e secco, il titolo del nuovo film di Nicholas Winding Refn. Un nome poco conosciuto ai molti. Regista di nazionalità danese , che ha all'attivo quattro film importanti. Si presenta agli inizi con la trilogia Pusher. Film crudi i suoi, girati con videocamera a mano, violenti, quasi gore con sprazzi di iperviolenza. E questo lo si può notare in Bronson, e ancor di più in Valhalla Rising, film poco parlato, storia di vichinghi, in uno scenario selvaggio, nelle terre del nord, dove il passaggio dalla primitività dell'uomo alla civilizzazione è solo un miraggio. Nelle poche interviste rilasciate da Refn, si può leggere una sua dichiarazione: «fare cinema è un atto di violenza». Dobbiamo credergli?
Drive può essere definito un pugno allo stomaco. Lascia sbigottiti per la sua originalità. Nei titoli di coda iniziali di colore fuxia, con un corsivo stile insegna caffé metropolitano, notiamo già la sua natura di noir metropolitano. Los Angeles di notte, l'abbiamo vista in Collateral di Mann, ritratta con un obiettivo digitale che rendeva la notte più magica, con quelle tonalità indaco. Anche qui, le luci delle macchine e i vitrei grattacieli s'illuminano e fanno da sfondo all'immaginario di Hossein Amiri, lo sceneggiatore. Drive, non ha nome, è interpretato da Ryan Gosling. Lui è uno stuntman di giorno e un guidatore per i rapinatori di notte. Intorno, a questa storia già vista e a tratti banale, ci sono di mezzo le conseguenze dell'amore, parafrasando Sorrentino. Conoscerà una vicina d'appartamento Irene ( Carey Mulligan) madre perbene con un bambino da mantenere e crescere, da sola, poiché il marito è in galera. Questo innescherà una forma di protezione del Driver, che diventerà una sorta di "angelo custode" di questa famiglia.
Il film è in ascesa. Nella prima parte del film, pochissimi dialoghi, molte scene lunghe e poco parlate, quasi morte, ma accompagnate da musiche elettroniche che ricordano molto i Vangelis di Blade Runner e i Tangerine Dream. Un film che si distinguerà per la sua straordinaria originalità, frutto di un regista, amante del dettaglio della scena, che ricorda Kubrick, Tarantino, Pakula, ma in certi aspetti anche Soderbergh e Cronenberg. Durante lo svolgimento della storia, cominciano scene pesanti, per l'irruenza della violenza sempre estremizzata per descrivere il lato oscuro del protagonista. Una pellicola che omaggia il pulp, tratta dall'omonimo romanzo dello scrittore James Sallis, ma anche Taxi Driver, quindi anche scorsesiano; un film da cinema, consigliato, perché annuncia un nuovo modo di fare il noir, una specie di thriller pulp futuristico.
Commenti
Posta un commento