Passa ai contenuti principali

I Mercenari 2: la recensione che andava fatta


Avevo detto che "I Mercenari 2" non aveva bisogno di una recensione. Beh, avevo mentito. Anzi, diciamo che ho cambiato idea. «Non cambiare idea è da stupidi», in effetti. Che dire allora, di questo film; Anzitutto, non lo definirei un semplice film, ma il FILM, inteso nella sua accezione fisica: la celluloide. Perché gli eroi in gioco, sono delle statuette di celluloide, che anche chi non le ama, perfino finirà per farlo.
Stallone in splendida forma, anche se la faccia è più liftata di un prosciutto appena affettato. Van Damme è un villain colossale. Nella parte finale c'è la sua promozione ad animale di film action, un papà dell'azione, anche se rimane sempre una categoria sotto Stallone e Willis; quanto a Schwarzy, è davvero invecchiato e pure stanco, obsoleto nei movimenti e con evidenti sgranature durante la fase di recitazione. Chuck Norris guardingo! Sempre pronto ad uscire al momento azzeccato. Si vede la grandezza del grande atleta, c'è poco da dire. Nulla da dire, in quanto è l'icona del generalismo più becero, cioè si è fatto grande nella mediocrità, che non è cosa da tutti. Poi c'è tutto il resto. "Ti spiezzo in due" Lundgren, ironico, solare e massiccio nei giusti momenti, anche piuttosto misogino (credo sia stata una scelta registica). Questo secondo capitolo è la consacrazione di chiusura di un genere scomparso, che non si produce più, se non per un homevideo a basso costo. Comunque ottima la regia di West. Immediata sin dall'inizio catastrofico, che comincia con scontri a fuoco e inseguimenti pirotecnici, degni del miglior film militare. Gli scontri a fuoco mediati dalla CGI, che diventa sempre più realistica e coinvolgente e poi i dialoghi, che a detta di qualcuno sono patetici, invece, meritano, perché sono piccoli omaggi di ogni film che i protagonisti hanno fatto nella loro carriera.

Commenti

Post popolari in questo blog

La Furia di un Uomo, la recensione

Jason Statham ha già collaborato con il regista Guy Ritchie, era nel cast di Lock, Stock and Two Smoking Barrels (1998), film rivelazione per entrambi. Ne La Furia di un Uomo (2021), su Prime Video dal 27 dicembre 2021, Ritchie dirige di nuovo Statham che veste i panni di "H", un ibrido tra un John McClane e un Bryan Mils di Io vi Troverò e che dispensa battute ermetiche e ossa rotte in quantità uguali. Detta così pare si tratti di un b-movie qualsiasi, ma, fortunatamente, non lo è. Guy Ritchie è un regista abile nel ricomporre sceneggiature lineari attraverso il montaggio disorganico e le riprese poliedriche. Alcuni suoi lavori sono azzeccati (gli Sherlock Holmes , The Gentlemen , Snatch ), altri un po' meno ( King Arthur , Aladdin e il remake/floppone Swept-Away ). Con La Furia di un Uomo Guy Ritchie, invece, si è mantenuto in bilico, raggiungendo un equilibrio tra action tradizionale e heist movie . La Furia di un Uomo, da quello che si legge in giro, è un remake...

Ferrari. La recensione

Non c'è bisogno di essere dei cinefili per accorgersi che Ferrari [2023] non sembra un film girato da Michael Mann, ma è firmato dal maestro Michael Mann. Sì, proprio lui, il regista di Heat - La sfida, di Collateral, dell'epico L'Ultimo dei Mohicani. Se è un film riuscito? No, anche se non mancano momenti di una certa suspense, specie nelle scene delle gare automobilistiche, nelle quali si riescono a percepire quelle inquadrature annesse all'abitacolo da lato cofano, dallo specchietto laterale o da lato bagagliaio, che tanto ricordano gli indrappelli della Ferrari Daytona Spyder 365 GTS/4 in Miami Vice - La serie, guidata da Sonny Crockett (Don Johnson). Non si può tantomeno definirlo un biopic, poiché non racconta l'intera vita di Enzo Ferrari (un Adam Driver rattrappito sia nei movimenti, sia nella recitazione), ma s'incentra nell'anno 1957. Si dice che raccontare la vita privata degli idoli sia deleterio, perché renderebbe l'idolo un semplice mortal...

Chi segna vince: quando la sconfitta insegna a vincere

La squadra di calcio delle Samoa americane divenne celebre per una clamorosa sconfitta: aver incassato, nel 2001, ben trentuno goal contro l'Australia, nell'incontro che si tenne a Coffs Harbour; un risultato oltre il tennistico, tanto da diventare un riconoscimento da Guinness dei primati. Ovvio è che un risultato simile annichilisca squadra, allenatore e società. Infatti, per una decina d'anni la squadra delle Samoa subì un vero e proprio blocco evolutivo e fu così che decisero di ingaggiare un allenatore olandese: il mr. Thomas Rongen [persona sui generis col "vizio della bottiglia" e con un temperamento irascibile sfociante in noti scatti d'ira]; l'obiettivo del coach Rongen doveva essere di far segnare almeno un goal alle Samoa, che era già un traguardo ancora più arduo, che vincere di netto una partita. Taika Waititi, premio Oscar per Jojo Rabbit (2019) dirige Chi segna vince  (2023) un film nostalgico sulla terra che gli ha dato i natali, attraverso...