Si legge ovunque che c'è in Italia un rovinoso decadimento del linguaggio. Non mi riferisco tanto alla "parolaccia" in sé, di uso comune nel popolo (volgo) come legame sociale anche di gruppo e se vogliamo anche di riavvicinamento alle origini della propria terra; anzi c'è un vero e proprio declino del logos in tutti i suoi significati, sia come causa e sostanza del mondo, sia come Verbo incarnato secondo la teologia cristiana. Dove ce ne accorgiamo? Dagli atteggiamenti di tutti i giorni. I rapporti interpersonali si sono raffreddati. Oggi con i social network si comunica da tastiera a tastiera, credendo di aver raggiunto uno scopo pacificatore, chiarificatore con l'altro, ma non è così. Chi interagisce a livello informatico, interagisce mediante un calcolatore. Nel linguaggio informatico e informatizzato non c'è l'espressione del viso, la smorfia, la gestualità; non c'è niente. Ecco perché poi quando ci s'incontra faccia a faccia non si riesce a dire o ad "agire". Questo è quello che sta accadendo anche oggi nel dibattito politico: l'incontro di ieri tra Bersani e i Pentastellati non poteva mai raggiungere uno scopo. Due modi di comunicare assolutamente differenti. Bersani (PD) rappresenta la politica dell'incontro, quella delle assemblee, dei direttivi inconcludenti, delle decisioni per alzate di mano, in pratica di quella democrazia applicata fisicamente, con i suoi pro e i suoi contro; il M5S invece pratica la democrazia del web: che ha un linguaggio libero, che usa anche la parolaccia, dove c'è gente d'ogni estrazione sociale e con radici politiche tra le più disparate, sostanzialmente più eterogeneo, ma meno adatto al confronto alla vecchia maniera. Quell'incontro di ieri è paragonabile ad un anziano signore che cerca di farsi spiegare da un ragazzino di quindici anni quale sia lo scopo dell' harlem shake. Forse tutto si ridurrà all'essenziale? Bauman l'aveva anticipato, teorizzando la società liquida, nella quale tutto è più veloce, facilmente malleabile, causa il consumismo, la globalizzazione e la macchina della paura.
Jason Statham ha già collaborato con il regista Guy Ritchie, era nel cast di Lock, Stock and Two Smoking Barrels (1998), film rivelazione per entrambi. Ne La Furia di un Uomo (2021), su Prime Video dal 27 dicembre 2021, Ritchie dirige di nuovo Statham che veste i panni di "H", un ibrido tra un John McClane e un Bryan Mils di Io vi Troverò e che dispensa battute ermetiche e ossa rotte in quantità uguali. Detta così pare si tratti di un b-movie qualsiasi, ma, fortunatamente, non lo è. Guy Ritchie è un regista abile nel ricomporre sceneggiature lineari attraverso il montaggio disorganico e le riprese poliedriche. Alcuni suoi lavori sono azzeccati (gli Sherlock Holmes , The Gentlemen , Snatch ), altri un po' meno ( King Arthur , Aladdin e il remake/floppone Swept-Away ). Con La Furia di un Uomo Guy Ritchie, invece, si è mantenuto in bilico, raggiungendo un equilibrio tra action tradizionale e heist movie . La Furia di un Uomo, da quello che si legge in giro, è un remake...
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