Si
è visto un flebile principio di cambiamento ieri all’assemblea nazionale del
Pd. La rottamazione sembra essersi tramutata in ricostituzione. Ricostituzione
degli assetti di partito.
Non
un banale processo di ringiovanimento, oppure di svecchiamento ma
ricostituzione di quegli equilibri che avevano perso aderenza.
Qualcuno
si crogiola ancora sul fatto che Renzi sia Presidente del Consiglio e al tempo
stesso Segretario di un partito. Semplice, qualcuno non ha compreso che vi è un
preciso intento di Renzi stesso nel gestire un ruolo di governo attraverso un
partito che l’ha eletto Segretario. Mai come in questa fase il Pd, in quanto
partito, è stato messo in posizione di dominanza.
C’è
il risultato delle ultime europee che è schiacciante e che non ha bisogno di
commenti, ma di prudenza sì. Tanta prudenza. Non bisogna certo lasciarsi andare, perché il
consenso va e viene. Tenere a mente che per mantenerlo si devono attuare riforme
importanti: lavoro, scuola, istruzione e riforme costituzionali. Fare solo una
di queste, con particolare attenzione alla prima, significa fare riforme
socialdemocratiche.
SeL e Civatiani continuano
a eccepire che non si debba dialogare con la destra nemmeno sulle riforme
costituzionali; forse dovrebbero rispolverarsi qualche manuale di filosofia
politica e cominciare a essere meno metafisici e più realisti.
Commenti
Posta un commento