È nel microcosmo comunale che si possono notare
le piccole e le grandi metamorfosi della politica.
Se qualcuno pensa che il trasformismo sia una
qualche sciagura, si sbaglia! Allearsi con chiunque passi davanti alla porta di
casa è lecito ed è possibile. Qual è il vantaggio? È ottenere il maggior numero
di voti e vincere le elezioni.
Il trasformismo è una manovra cinica sì, ma
anche altrettanto rischiosa, in che senso: si deve totalmente sconfessare la
propria memoria politica; si devono rinnegare tutte le dichiarazioni che sono
state fatte in passato e le alleanze che sono state fatte in passato;
ritrattare su ogni precedente politico. Il punto è che ogni precedente è
scritto, è raccontato, è storia.
Per poter quindi ottenere una probabile
vittoria ci si allea con qualunque forza politica indipendentemente se essa sia
di destra, di sinistra, di centro, etc.
Quando una parte politica decide di fare un’azione
trasformista, la fa punto e basta, di prepotenza. Il fenomeno è sintetizzabile
con due parole: bullismo politico. Il primo che parlò di bullismo politico fu
il politologo Gianfranco Pasquino (in un’intervista su l’Huffington Post) il
quale affermò: «Il bullismo politico a
cui stiamo assistendo è destinato a crescere ed è lo specchio perfetto della
società italiana che è diventata maleducata. Purtroppo sarà molto difficile
cambiare questo trend. Ormai siamo arrivati al punto in cui i politici non
pensano più alle parole che utilizzano, ma si chiedono solo cosa sia utile per
il proprio consenso elettorale. E così non si preoccupano di amplificare ogni
giorno lo scontro e le volgarità che hanno ormai invaso il nostro Paese» [qui l'articolo].
Volgarità a parte, si sa bene che qualsiasi
forma di bullismo si avvale della maleducazione e della prevaricazione dialettica. L’atto
trasformista in sé è violento. Punta ad aggregare quante più forze possibili
con alleanze trasversali per ─ annientare ─ l’altro.
Chi da bambino ha giocato per strada, ricorderà
che i bambini più temperanti, silenziosi e schivi erano sempre quelli che se ne
stavano in disparte, o erano messi in disparte. Gli altri, gli impulsivi, i timorosi
e i prepotenti facevano gruppo, anche a costo tutt’insieme di perseguire un’azione
controproducente. Il loro intento comune rispecchiava le leggi della strada.
Evidentemente il gruppo dei prepotenti
dispensava di un leader carismatico, “che dava la pacca a tutti” e prometteva a
tutti la vittoria, intercettando ogni singolo bisogno.
In quello dei temperanti vigeva il dubbio; si
ragionava e si sentivano i pareri di ognuno, per valutare quale metodo adottare
per procurarsi la vittoria.
Nel primo gruppo è uno solo a proporre, ed è
egli stesso a far convergere tutti verso la sua proposta.
Nel secondo gruppo c’è un confronto che vedrà
prima un dibattito e poi una decisione.
Chi dei due gruppi attua il bullismo politico?
Il primo gruppo, perché usa la “persuasione”; non pratica il dibattimento, si
affida al leader il quale fa credere che tutti siano uguali, affinché egli si
possa trovare sempre in una posizione di dominanza. Detto in parole povere il
bullismo politico è l’altra faccia del trasformismo ed entrambi hanno lo stesso obiettivo: massimizzare il consenso elettorale. Quest’ultimo è un fenomeno
politico che si rifà ad Agostino De Pretis e al "superamento" delle differenze
ideologiche e che nei secoli ha assunto i connotati di una manovra di corridoio,
che ignora le linee di partito e le persone che ne fanno parte, ma più di tutto
rimuove la propria memoria politica alla stregua di un comportamento schizoide.
Non certo un atto progressista o un patto
allargato con fazioni antagoniste che continuerebbe a non escludere diatribe
dialettiche, ma un mero atteggiamento tirannico volto al perseguimento del
potere.
E dopo le alleanze nemici come prima.
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