Regia: Stefano Sollima
Soggetto: Giancarlo De Cataldo, Carlo Bonini
Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Cast: Greta Scarano, Pierfrancesco Favino, Alessandro Borghi, Claudio Amendola, Elio Germano, Adamo Dionisi
Suburra significa "gente di malaffare" e il regista di RomanzoCriminale – La serie, ne sa più di qualcosa. Il film di Stefano Sollima è un
buon esercizio di stile e ha caratteristiche che richiamano il cinema di genere
mitteleuropeo. È girato con abilità manieristiche, che però sfociano nell’azione
casereccia; la fotografia impeccabile di Paolo Carnera (ACAB e I Galantuomini)
fortunatamente lo rende godibile. Roma è sempre fosca, piovosa, farebbe invidia
pure a Londra, ideale come sfondo per il "marciume imperante". La
storia è lineare, anzi fin troppo, e percorre i sette giorni prima della
cosiddetta "Apocalisse", dal 5 novembre 2011 sino all'11 novembre
2011, per concludersi il 12 novembre con il fatidico giudizio finale. Cosa c'è
di così apocalittico tra le dimissioni di un Papa (che Nanni Moretti aveva
previsto anni prima senza farne una lettura catastrofista) e la caduta di un
Governo, ipotesi del tutto normale nelle Scienze Politiche? Tratto dal romanzo
omonimo, edito da Einaudi, di Bonini e De Cataldo, Suburra è un film di genere,
che vuole essere solo quello e basta. Perché non c’è un approfondimento sui
personaggi. C’è invece una distinzione bonaria tra il bene e il male, che
trascura la necessaria introspezione dei personaggi. I quali restano abbastanza
anonimi e caratterizzati da solidi cliché. Inoltre, la politica italiana che
Sollima ci fa vedere è del tutto scevra da meccanismi tecnici, da dinamiche
reali, in cui i politici sono macchiette qualunquiste. Il personaggio di
Filippo Malgradi, per esempio, interpretato da Pierfrancesco Favino è
l’immagine che qualsiasi figuro da bar ha del politico: corrotto, dissoluto e
che trascorre notti con “squillo”, anche minorenni, trovandosi, per forza di
cose, in una notte di sesso borderline. Il Samurai, il personaggio di Claudio
Amendola, ricorda un ex-componente della banda della Magliana, un boss propenso
a riprendere le redini del potere su Roma. Il personaggio del Samurai se non
fosse per l’impermeabile antiestetico e per l’esecuzione a Ostia quattro
spanne sopra la realtà, sarebbe risultato credibile. Poi un bullo che vuole a
tutti i costi diventare criminale e scalare la vetta a suo modo, mettendosi
proprio contro il Samurai: parliamo di Numero 8 (Alessandro Borghi, visto in Non essere cattivo di Caligari). Borghi
merita per come sa fare il bullo alterato con gli occhi spalancati, ma la
dizione (in dialetto romano stretto) è totalmente falciata, incomprensibile ed
esige dei sottotitoli. Sparatorie alla Coop con passamontagna e pistole alla
mano, dove i sicari sguazzano come se stessero andando a fare shopping;
sgommate in auto che non hanno un perché, neanche fossero sulla 110ma strada a
Manhattan. Elio Germano recita magistralmente, da zerbino prende poi una
repentina escalation coheniana. Manfredi Anacleti, ruolo interpretato
dall’attore Adamo Dionisi, è notevolmente riuscito, e nelle sfumature facciali
e nella storia, perché ricorderebbe un componente del clan dei Casamonica (nel
film, Gli Anacleti), famiglia di sinti stanziata nei quartieri romani.
Soggetto: Giancarlo De Cataldo, Carlo Bonini
Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Cast: Greta Scarano, Pierfrancesco Favino, Alessandro Borghi, Claudio Amendola, Elio Germano, Adamo Dionisi
Suburra è un fumettone cacio e
pepe; godibile, apprezzabile nella sua forma e che non vuole approfondire
le dinamiche reali. Un prodotto per il piccolo schermo; in dvd sarà piacevole e
spassoso, ma nella dimensione della sala di un cinema diventa piccolo. Con ACAB invece Sollima fece un ottimo
debutto cinematografico, analizzò i personaggi nei particolari, rappresentando
la realtà in maniera oggettiva, senza generare miti e giocando sulle dinamiche
dei problemi sociali. La colonna sonora di Suburra, del gruppo dream pop M83, è
azzeccata, ma non si può ripetere
innumerevoli volte, sparandola a decibel e appannandone i dialoghi già distorti
dallo scroscio incessante della pioggia.
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