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The Revenant

The Revenant s’ispira alle avventure del “frontiersman” Hugh Glass (nel film Leonardo Di Caprio), cacciatore ed esploratore dell’America settentrionale negli anni venti dell’ottocento. Leonardo Di Caprio, in stato di grazia, è capace di sprigionare una violenta mimica primitiva.
La sceneggiatura, scritta da Mark L. Smith e dal regista del film Alejandro González Iñárritu (Birdman, Babel, 21 grammi) è tratta dall’omonima novella di Michael Punke. Il piano sequenza iniziale in medias res dell’attacco improvviso della tribù Arikara all’accampamento dei cacciatori ricorda la pittura di Karl Bodmer o alcune opere del Caravaggio per il crudo realismo delle immagini. Il già premio Oscar Alejandro Iñárritu usa la violenza non a scopo ludico come farebbe Quentin Tarantino, ma salvifico come Mel Gibson ne La Passione di Cristo, corroborandola col misticismo nativo americano e col martirio del cattolicesimo.
Dopo l’attacco dei pellirosse, Hugh Glass e il figlio mezzosangue Hawk fuggono con la propria squadra di caccia. La natura però ci mette del suo perché un’orsa di Grizzly attacca Glass nella foresta, sbranandolo e dilaniandolo, ma l’indomito esploratore non muore. Intanto la spedizione deve continuare e per i “compagni” pionieri Glass comincia a diventare un impedimento. Qui il bieco e materialista John Fitzgerald (Tom Hardy che recita magnificamente, col rischio di offuscare seriamente Di Caprio) cerca di sbarazzarsi dell’infortunato Glass e anche del figlio.

È un western The Revenant con una storia coinvolgente che esala trascendenza. Una storia di salvezza e di redenzione. Il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki immortala sprazzi di bellezza feroce, selvaggia, insanguinata e scorci naturali che, insieme alla musica ipnotica e incalzante di Ryuichi Sakamoto e Alva Noto, s’imprimono nella mente dello spettatore. La pellicola è stata girata con la luce naturale senza l’ausilio di luci artificiali, come fece Stanley Kubrick in Barry Lyndon.

Una prova di resistenza, The Revenant, per tutto il cast che ha dovuto lavorare “sottozero” tra gli angoli remoti di Alberta in Canada e La Terra del Fuoco in Argentina.

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