Passa ai contenuti principali

Veloce come il vento

Veloce come il vento (2016) è il terzo lungometraggio del regista Matteo Rovere dopo Un gioco da ragazze e gli Sfiorati.
Il cinema italiano dell’ultima ora sembra si stia orientando sul “genere”. Recentemente abbiamo apprezzato Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, hero movie nostrano che ha saputo usare la paraletteratura del fumetto.
Matteo Rovere, assieme agli sceneggiatori Filippo Gravino e Francesca Manieri, ha parlato della “nuova” famiglia italiana e delle sue difficoltà, mettendoci tanto cinema hollywoodiano e mitteleuropeo da Le 24 ore di Le Mans a Rush, da Rocky a Taxxi.
Giulia (Matilda De Angelis) è una ragazza prodigio cresciuta a motori e corse. Vive col padre e il fratellino; la madre li ha rinnegati. Improvvisamente il padre muore e lei, non ancora maggiorenne, si carica sulle spalle le responsabilità paterne. Sa dell’esistenza di un fratello maggiore ex-pilota di rally, Loris (Stefano Accorsi), che piomberà di colpo nella sua vita. Loris è preda del “crack” e vive in condizioni pietose come un clochard. È lui che cerca a tutti i costi di farla tornare in pista dopo questi sfortunati eventi. Impeccabile Stefano Accorsi costruisce su misura un personaggio difficile, borderline, che vive e si trasforma col suo dolore, ispirandosi alla vita non proprio fortunata di un pilota di rally anni ottanta. Per questo ruolo Accorsi ha dovuto fare una dieta drastica; l’aspetto, per i più, ricorda Christian Bale in The Fighter, ma anche James Franco in Spring Breakers. La giovanissima Matilda De Angelis invece regge bene il ruolo della ragazzina dal carattere forte e ribelle con una capigliatura punk e stile manga azzeccati.

Qual è allora la novità di Veloce come il vento? Sono le inquadrature totalizzanti e dinamiche delle corse in macchina. Gli inseguimenti in città che sembrano ricalcati da Luc Besson o da Felix Gary Gray. L’elettronica calda di sottofondo si sposa con le inquadrature notturne e le smodate guide in abitacolo (Drive ha fatto scuola). Sì, si possono trovare i difetti in Veloce come il vento, scelte evitabili come l’apertura del film, che poteva essere meno patinata dal rallentatore. C’è un quid vernacolare che si accosta allo stile postmoderno delle corse. Un film italiano (e questo è italiano in tutto) americanizzato nella forma. Giovani registi italiani crescono e soprattutto stanno avendo il coraggio di riesumare il cinema di genere anni ’70 e ’80.

Commenti

Post popolari in questo blog

La Furia di un Uomo, la recensione

Jason Statham ha già collaborato con il regista Guy Ritchie, era nel cast di Lock, Stock and Two Smoking Barrels (1998), film rivelazione per entrambi. Ne La Furia di un Uomo (2021), su Prime Video dal 27 dicembre 2021, Ritchie dirige di nuovo Statham che veste i panni di "H", un ibrido tra un John McClane e un Bryan Mils di Io vi Troverò e che dispensa battute ermetiche e ossa rotte in quantità uguali. Detta così pare si tratti di un b-movie qualsiasi, ma, fortunatamente, non lo è. Guy Ritchie è un regista abile nel ricomporre sceneggiature lineari attraverso il montaggio disorganico e le riprese poliedriche. Alcuni suoi lavori sono azzeccati (gli Sherlock Holmes , The Gentlemen , Snatch ), altri un po' meno ( King Arthur , Aladdin e il remake/floppone Swept-Away ). Con La Furia di un Uomo Guy Ritchie, invece, si è mantenuto in bilico, raggiungendo un equilibrio tra action tradizionale e heist movie . La Furia di un Uomo, da quello che si legge in giro, è un remake...

Ferrari. La recensione

Non c'è bisogno di essere dei cinefili per accorgersi che Ferrari [2023] non sembra un film girato da Michael Mann, ma è firmato dal maestro Michael Mann. Sì, proprio lui, il regista di Heat - La sfida, di Collateral, dell'epico L'Ultimo dei Mohicani. Se è un film riuscito? No, anche se non mancano momenti di una certa suspense, specie nelle scene delle gare automobilistiche, nelle quali si riescono a percepire quelle inquadrature annesse all'abitacolo da lato cofano, dallo specchietto laterale o da lato bagagliaio, che tanto ricordano gli indrappelli della Ferrari Daytona Spyder 365 GTS/4 in Miami Vice - La serie, guidata da Sonny Crockett (Don Johnson). Non si può tantomeno definirlo un biopic, poiché non racconta l'intera vita di Enzo Ferrari (un Adam Driver rattrappito sia nei movimenti, sia nella recitazione), ma s'incentra nell'anno 1957. Si dice che raccontare la vita privata degli idoli sia deleterio, perché renderebbe l'idolo un semplice mortal...

Chi segna vince: quando la sconfitta insegna a vincere

La squadra di calcio delle Samoa americane divenne celebre per una clamorosa sconfitta: aver incassato, nel 2001, ben trentuno goal contro l'Australia, nell'incontro che si tenne a Coffs Harbour; un risultato oltre il tennistico, tanto da diventare un riconoscimento da Guinness dei primati. Ovvio è che un risultato simile annichilisca squadra, allenatore e società. Infatti, per una decina d'anni la squadra delle Samoa subì un vero e proprio blocco evolutivo e fu così che decisero di ingaggiare un allenatore olandese: il mr. Thomas Rongen [persona sui generis col "vizio della bottiglia" e con un temperamento irascibile sfociante in noti scatti d'ira]; l'obiettivo del coach Rongen doveva essere di far segnare almeno un goal alle Samoa, che era già un traguardo ancora più arduo, che vincere di netto una partita. Taika Waititi, premio Oscar per Jojo Rabbit (2019) dirige Chi segna vince  (2023) un film nostalgico sulla terra che gli ha dato i natali, attraverso...