Jack
Reacher dove sei finito? L’eroe militare, nato dalla penna dello scrittore
inglese Lee Child, nel primo capitolo Jack
Reacher – La prova decisiva, diretto da Steve McQuarrie, vedeva
particolarità quali: la presenza di Werner Herzog, l’esecuzione dei passanti
per mano di un cecchino, già dalla scena d’apertura.
In questo nuovo capitolo, Jack Reacher – Punto di non ritorno di Edward Zwick (L’ultimo samurai), l’eroe interpretato da Tom Cruise è invece un cinquantenne scocciato che si sposta in autostop e corriere. Se nel primo capitolo si respirava azione anni ’90, ma con un’attenzione verso risvolti thriller di qualità, in Jack Reacher – Punto di non ritorno il tutto è raffazzonato.
In questo nuovo capitolo, Jack Reacher – Punto di non ritorno di Edward Zwick (L’ultimo samurai), l’eroe interpretato da Tom Cruise è invece un cinquantenne scocciato che si sposta in autostop e corriere. Se nel primo capitolo si respirava azione anni ’90, ma con un’attenzione verso risvolti thriller di qualità, in Jack Reacher – Punto di non ritorno il tutto è raffazzonato.
Il
maggiore Turner (Cobie Smulders, la Robin di How meet your mother) è destituito dal ruolo e disposto in un
carcere militare di massima sicurezza. Reacher e “la maggiore” Turner hanno
chiaramente del tenero. Jack, a sua volta, sarà accusato dell’omicidio di un
avvocato militare e incarcerato nella stessa struttura detentiva del maggiore
Turner. Da questo punto in poi è lapalissiano che l’eroe debba darsi alla
macchia, perché alle sue spalle vi è un evidente complotto. Il passato di
Reacher però lo richiama alle responsabilità familiari: scoprirà di avere una “figlia”
che non ha mai riconosciuto. Così ecco che ritorna invadente la parabola del
padre americano premuroso che s’incarica il compito di difendere le sue donne.
Accettabili
i momenti dei corpo a corpo: pugni,
caviglie rotte, colli spezzati, senza rallenti, senza enfasi; tutto in modo
meccanico e statico lontano dalle manieristiche coreografie di Van Damme,
Seagal o di Neeson, Statham e Reeves.
Una
trama vista e rivista sull’eroe cinquantenne che si rifà una morale, ma
con un gap: dare spazio alla tenerezza
femminea, trascurando l’azione e le sue regole. Manca la giusta dose di
cinismo, misoginia, violenza e velocità. Le scene in motel con la maggiore
Turner e la presunta figlia Samantha (Danika Yarosh) sembrano delle clip tipo La vita secondo Jim, certamente
evitabili da un regista come Zwick. In più, il regista preferisce anche set
puliti come Washington DC, sminuendo il quid
metropolitano e industriale del personaggio Jack Reacher.
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