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Rogue One: A Star Wars Story

Non bisogna essere amanti della saga di Star Wars per vedere Rogue One: A Star Wars Story. Avevo visto, di Gareth Edwards, il discreto Godzilla (2014), del quale apprezzai la capacità nel dirigere un monsters movie con ponderatezza, di solito virtù che riesce a pochi registi quali Del Toro, Favreau e Snyder.
Ugualmente si potrebbe dire per questo spin-off su Star Wars. "Su" e non "di" Star Wars perché questo film non è parte della saga, bensì un episodio a sé stante. Atmosfere, eventi, fatti e personaggi di punta della saga permangono, mentre il comparto narrativo cambia totalmente. Anche se, in questo capitolo ibrido, i puristi di Star Wars rivendicano profanazioni, va dato atto che Rogue One vince rispetto al penultimo (in ordine d'uscita nelle sale) Il Risveglio della Forza (2015); perché convince sia per le scelte stilistiche sia per le scelte narrative. La storia si muove su una missione per mano dei ribelli, che ha l'obiettivo d'impadronirsi dei piani della Morte Nera, distruggerla e aprire a una "nuova speranza". Il film è un viaggio che non ha destinazione, perché apre al concept del primo Star Wars degli anni '70. Alla sceneggiatura, Tony Gilroy (Bourne Legacy) e Chris Weitz (La bussola d'oro) ci regalano uno snodo finale degno dei migliori film bellici. I cambiamenti in questo episodio ibrido valgono il prezzo del biglietto e tendono a soddisfare anche quello spettatore che di Guerre Stellari sa poca cosa, ma ne apprezza stile e tecnicismi della fantascienza vintage. Le astronavi sembrano tattili, quasi fatte a mano; i mostriciattoli e le creature varie sono dosati in pochissime scene; gli attori invece sono convincenti dal freddo Mads Mikkelsen alla bella Felicity Jones.

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