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The Shape of water ─ La forma dell’acqua: quando il mostro è l’artista

È la poetica del regista Guillermo del Toro raccontare di mostri, d’insetti giganti (Mimic, 1997) o, come in The Shape of water ─ La forma dell’acqua (2017), di un essere anfibio, metà uomo e metà pesce.

Siamo agli inizi degli anni sessanta, in piena Guerra Fredda. Il blocco sovietico dell’U.R.S.S. e quello degli U.S.A. si spiano e si sabotano a vicenda.

I servizi segreti militari americani scoprono, nelle impervie paludi messicane, un anfibio antropomorfo e goloso di uova (sotto le cui spoglie c’è il mimo Doug Jones); lo catturano, affinché una squadra d’esperti possa esaminarlo. 
La squadra è diretta dal cattivissimo Strickland (Michael Shannon), il quale è avvezzo all’uso del manganello per ammansire l’uomo-pesce. Oltre al team di scienziati, a interessarsi del mostro vi è anche un’inserviente del distretto militare, Elisa (Sally Hawkins), peraltro con l’handicap del mutismo ma non sorda, che è l’unica a interagire emotivamente con l’anfibio.

Per intenderci: nasce un amore tra la donna delle pulizie e il mostro; archetipo "donna+mostro" che si rifà alla mitologia greca e, nel cinema, a King Kong oppure a La Bella e La Bestia

Acclamato e premiato col Leone d’oro alla 74° Mostra del Cinema di Venezia, oltre alle tredici nomination agli Oscar 2018 (che si terranno a breve) tra cui quella per miglior film, La forma dell’acqua è un lavoro completo in cui la narrazione è solida. Il soggetto, scritto da Del Toro e sceneggiato dallo stesso assieme a Vanessa Taylor, arriva diretto al grande pubblico nonostante sia naif. Forte anche degli svariati temi trattati: politica, razzismo, amicizia, diversità, amore, odio, sesso, intolleranza, violenza... cinema.

Si può dire lo stesso della struttura scenica. Del Toro è un cineasta sopraffino, che ha una grande cultura cinematografica, televisiva e fumettistica.

È un film corale. Dove il grande cinema s’incontra con quello di serie B. Sally Hawkins è brava a sprigionare tutta la tenerezza e la vulnerabilità di un personaggio complesso, asociale, che riesce a comunicare solo col suo coinquilino pittore-gay (Richard Jenkins), con un’amica inserviente di colore e con un mostro.

A Michael Shannon gli si cuce addosso il bianco xenofobo, che predica il “pensiero positivo” e pratica la violenza. Octavia Spencer è l’amica e collega afroamericana di Elisa, che cerca di riscattarsi nell’America intollerante di quegli anni. 

Un piccolo manifesto di egualitarismo, in cui i “diversi” sono un valore aggiunto e dove le sovrapposizioni di contaminazioni cinematografiche non affaticano, anzi incensano il guizzo visionario del regista messicano che diventa egli stesso “mostro d’arte".


Postilla. Ogni regista ha il suo film sul Cinema: Martin Scorsese Hugo Cabret e Guillermo Del Toro The Shape of Water.


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