First Man è una ricostruzione lacunosa (non in senso negativo) della vita dell’astronauta Neil Armstong. Un film affascinante che si presenta, agli occhi di chi guarda, talvolta esasperante talvolta eroico.
Dato l’argomento, si correva il rischio di sfociare nel didascalico, invece grazie all’abilità narrativa di Josh Singer (Il Caso Spotlight), l’impresa spaziale è stata raccontata attraverso il punto di vista dell’astronauta Neil Armstrong (qui Ryan Gosling trasuda tangibile emotività).
Il precoce e poliedrico regista Damien Chazelle (Whiplash e La La Land) con quest’opera volta concretamente pagina. First Man non è una biografia sterile, è anzi un ritratto privato dell’uomo Armstrong che supera quell’immagine d’eroe che l’astronauta s’è cucita addosso.
È noto che il tema dell’allunaggio sia un argomento ostico, poiché ha solitamente attirato (e lo fa ancora) teorie del complotto tra le più disparate e negazionismi al seguito; ma anche perché significa, per tutta la produzione, racimolare materiale d’archivio, in modo da ricondurre lo spettatore nel clima di guerra fredda tra U.S.A. e U.R.S.S.
Il soggetto è tratto dal libro biografico di James R. Hansen; infatti, Josh Singer equilibra perfettamente sintesi storica e finzione, mettendo al centro del discorso: l’uomo e la sua ostinazione.
Si aggiunge poi l’eleganza di stile di Chazelle, che sceglie di girare in 35 mm formato IMAX, rendendo l’esperienza visiva ancora più avvolgente.
Una postilla è doverosa: chiunque abbia problemi di diottria o soffra di cinetosi si riservi, perché tremolii e rotazioni gravitazionali potrebbero urtare la sensibilità.
L’intimo del personaggio è girato sullo stile di Terrence Malick: visioni, abbracci genitori-figli, sguardi e primi piani fuggevoli, riproducendo quasi quell’effetto di camera a mano in superotto.
Primeggia, volutamente, la tecnica cinematografica del regista, ed è evidente anche al cineamatore, come se Chazelle voglia affermare lo stile sull’oggetto.
È un’opera d’artigianato, d’autore; il trastullo dell’artista che traccia un segmento storico, dal 1962 al 1969 quello del programma spaziale lunare, su grana vintage, rendendo l’atto cinematografico pura esperienza sensoriale.
Le interpretazioni sono notevoli per Ryan Gosling/Armstrong, ma di più per Claire Foy/moglie del pilota aerospaziale, intensa e priva di retorica.
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