Hammamet è un film distinto. Il montaggio e l’impianto registico ricordano pressappoco lo stile di Steven Soderberg.
Gianni Amelio racconta, quasi con una sensibilità alla Paul Valéry «bisogna essere leggeri come una rondine, non come una piuma», l’epilogo del leader politico socialista Bettino Craxi; forse il più importante e controverso politico italiano di fine anni ’70 e inizi anni ’90.
Il regista, insieme allo sceneggiatore Alberto Teraglio, disegna un uomo, dall’andatura dinoccolata, che “vive” nella sua casa/fortezza di Hammamet, in Tunisia, (con piscina dismessa), lontano dall’Italia, dalla macchina del fango, dalla criminalizzazione e da quel “non poteva non sapere”.
Amelio vola alto e cerca di non approfondire l’antologia politica di quegli anni, per non incorrere in controversie. Da qui, infatti, nasce l’esigenza d’introdurre un personaggio ambivalente: Fausto (l’attore Luca Filippi). Questi è un personaggio di fantasia atipico e atemporale (nel film è il figlio di un collega di partito di Craxi), che rappresenterebbe il figlio che non ha padre, che è all’affannosa ricerca di un’identità paterna dissolta; “lo straniero” parafrasando Albert Camus. Una scelta registica e narrativa discutibile, che non accontenta lo spettatore, anzi lo infastidisce e lo tedia. Forse è stato meglio così, perché se Amelio avesse trattato gli aspetti meramente politici e di cronaca giudiziaria, sarebbe presto sprofondato nella polemica o nella presa di parte, anche non volendo.
La prova, però, lungimirante ce la dà Pierfrancesco Favino. Favino scompare in una corazza mimetica di cinque ore di trucco e da qui parte per ricrearne le movenze, i tic e perfino la voce di Bettino Craxi. Un’interpretazione scientificamente impostata; da metodo Stanislavskij. Questa prova d’attore, rimarrà a lungo e lascerà il segno.
Hammamet è un film esistenzialista e decadente. È lento ma potente; un film del genere c’era il rischio di sbagliarlo, perché il soggetto Craxi è un emisfero ostico.
Un politico e un uomo, Craxi, al quale hanno stagliato l’anatema di “ladro”, “corrotto” e quant’altro. Invece, Amelio fa emergere, di lui, l’ampiezza politica, l’idealismo socialista; ma anche l’uomo arrogante che amava fare discorsi sesquipedali.
Hammamet è uno spaccato olistico che aiuta a riflettere sulle conseguenze della politica in quegli anni, in cui oltre al PSI, anche altri partiti e referenti si comportarono in modo poco adamantino.
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