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Sfida al Presidente - The Comey Rule, la recensione

Sfida al Presidente - The Comey Rule è una mini-serie TV in due puntate, basata sul libro Higher Loyalty dell’ex-direttore del Federal Bureau of Investigation James Comey. La serie condensa la questione di legittimità di Trump in un “duello” col direttore Comey (siamo nel 2016 in piene elezioni presidenziali tra la candidata democratica Hillary Clinton e il candidato repubblicano Donald Trump).

Trump è interpretato dall’attore irlandese Brendan Gleeson (In Bruges, Troy), affiancato da un cast di livello: Holly Hunter nel ruolo del vice procuratore generale Sally Yates. E poi c’è Jeff Daniels che fa Comey (Il Calamaro e la balena, Pleasantville, The Newsroom); un uomo dal portamento elegante, alto, prima di tutto padre di famiglia e poi burocrate.

I due antagonisti sono caricaturali, ma sono tagliati alla perfezione; Gleeson fa comunque strappare qualche risatina allo spettatore, perché riesce a ricreare smorfie e tic del tycoon; quello di Gleeson è un Trump, tra il minaccioso e il grottesco, dai capelli “giallo pulcino” e dalla parlata sguaiata.

Comey (Jeff Daniels) invece è una personalità determinata, mielata e Daniels è bravo quanto magnetico nel farla trasparire. Comey è travolto da una serie di eventi, che all’inizio cerca di controllare, ma poi ne viene fagocitato. Lo scandalo delle “e-mail” della Clinton (o pseudo tale), le influenze dello spionaggio russo nella campagna elettorale, portano Comey su un vascello destinato ad affondare per via di un “ruolo” quasi impossibile da gestire (anche per i suoi successori).

Una vicenda politica raccontata benissimo dal regista e sceneggiatore Bill Ray (Richard Jewell, State of Play, Captain Phillips), perché dapprima mette in luce il patriottismo di Comey con le sue lezioni ai novelli agenti FBI, e dopo riprende la fragilità di un family man che si scontra col potere individuale di Trump.

Sfida al Presidente è una mini-serie biopic ben costruita, con un tocco di spionaggio politico che accenna a quel genere tanto caro ad Alan J. Pakula, Oliver Stone, Steven Soderbergh. È scritto e diretto in modo lineare, facendo riflettere sui veri meccanismi della “lotta politica”: violenta e senza esclusione di colpi.

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