Il brutto è oggettivo, è una qualità insita nelle cose, si manifesta quando certi canoni non sono rispettati o quando si verifica una sproporzione nelle parti che compongono un’opera.
Fino all’ultimo indizio (2021) parte male, anzi malissimo, già dal titolo che è stato scelto dai nostri distributori/traduttori, che, a quanto pare, non vedono i film prima d’intitolarli.
The Little Things: in lingua italiana Le Piccole Cose, non avrebbe calzato come titolo? In una scena vi è anche un riferimento; il protagonista Joe “Deke” Deacon (Denzel Washington), riferendosi ai colpevoli, dice: “sono le piccole cose che ti fanno beccare”.
Fino all’ultimo indizio, forse, ce l’ha un valore aggiunto ed è appunto Denzel Washington, classe 1954; grande interprete, dalla presenza impeccabile. Gli basta apparire: i suoi modi di guardare, la camminata dall’andatura dinoccolata sono caratteristiche uniche che aggiustano anche un film malriuscito. Il regista John Lee Hancock è un cineasta discreto, che si è confrontato con l’hard boiled (ripescate il bel Highwaymen – L’ultima imboscata); qui, invece, parte bene con la prima metà della narrazione e poi si perde clamorosamente.
1990, California. C’è un killer seriale che semina terrore. Il vice sceriffo Deacon viene mandato a Los Angeles per aggiustare alcune faccende burocratiche, ma qui è chiamato al suo passato! Inoltre, inizia ad occuparsi, su richiesta del sergente Baxter (Remi Malek), del caso in corso.
Fino all’ultimo indizio (2021) parte male, anzi malissimo, già dal titolo che è stato scelto dai nostri distributori/traduttori, che, a quanto pare, non vedono i film prima d’intitolarli.
The Little Things: in lingua italiana Le Piccole Cose, non avrebbe calzato come titolo? In una scena vi è anche un riferimento; il protagonista Joe “Deke” Deacon (Denzel Washington), riferendosi ai colpevoli, dice: “sono le piccole cose che ti fanno beccare”.
Fino all’ultimo indizio, forse, ce l’ha un valore aggiunto ed è appunto Denzel Washington, classe 1954; grande interprete, dalla presenza impeccabile. Gli basta apparire: i suoi modi di guardare, la camminata dall’andatura dinoccolata sono caratteristiche uniche che aggiustano anche un film malriuscito. Il regista John Lee Hancock è un cineasta discreto, che si è confrontato con l’hard boiled (ripescate il bel Highwaymen – L’ultima imboscata); qui, invece, parte bene con la prima metà della narrazione e poi si perde clamorosamente.
1990, California. C’è un killer seriale che semina terrore. Il vice sceriffo Deacon viene mandato a Los Angeles per aggiustare alcune faccende burocratiche, ma qui è chiamato al suo passato! Inoltre, inizia ad occuparsi, su richiesta del sergente Baxter (Remi Malek), del caso in corso.
Cosa si può dire di Remi Malek: l’Oscar come migliore attore protagonista per Bohemian Rhapsody è un vecchio ricordo, perché, in questo film, pare smottato e inespressivo; incapace d’infondere alcun senso catartico. Cosa che, invece, riesce benissimo a Jared Leto, il quale interpreta il grottesco Albert Sparma, un sospettato dai modi inquietanti.
Fino all’ultimo indizio è un thriller senza criterio, che inganna dall’incipit, sembrando una brutta copia di Seven o di Texas Killing Fields e poi precipita inesorabilmente nella cretineria; s'incasina e se ne frega dello spettatore, al quale non regala risoluzioni.
Purtroppo non è la prima volta che prodotti del genere fruibili su piattaforme smart lascino gli spettatori insoddisfatti: si pensi a Tyler Rake o Triple Frontier.
Sempre se vi va, Fino all’ultimo indizio è reperibile su Prime Video, AppleTv, Youtube o TimVision. Au revoir.
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