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Elzevirista videt. Film in ritardo: Gemini Man

Non basta una vita per leggere libri e nemmeno per vedere film; vuoi perché quando uscirono al cinema erano snobbati, vuoi perché quella domenica, in tv, c'era il derby della tua squadra del cuore. E questa sciagurata pandemia ci ha (quasi) imposto di vedere e rivedere film che forse non avremmo visto in sala.

Domenica scorsa, alle 21:20 su Italia1, in prima visione, hanno trasmesso Gemini Man (2019) diretto dal regista Ang Lee (Vita di PI e I Segreti di Brokeback Mountain) e sceneggiato da David Benioff (Game of Thrones) e Billy Ray (Richard Jewell e Captain Phillips).

Il film mescola fantascienza, spionaggio e azione massiva. Dal punto di vista narrativo non ha nulla d'innovativo, anche se il regista, qui, può vantare una sorprendente virtuosità coreografica con scene di combattimento, che ricordano le pellicole di John Woo, tra motocross e arti marziali.

L'incipit sembra intrigante: un ex-marine esperto, Henry Brogan (Will Smith), ch'era delegato all'eliminazione dell'avversario, è braccato dal suo clone giovane. Attorno ruotano governi corrotti, insabbiamenti e un villain Clay Verris (Clive Owen), che gestisce un programma controverso denominato appunto "Gemini".

Sì, proprio così, sembra una trama anni '90; la chiave narrativa del clone (o del doppio che si sdoppia) ricorda Face/Off (1997) o Double Impact:Vendetta Finale (1991), con Jean-Claude Van Damme. Se all'epoca le interpretazioni di Travolta-Cage s'invertivano o Van Damme diventava l'altro sé/fratello gemello, grazie al classico montaggio e senza l'utilizzo della CGI, qui invece si sperimenta il "disinvecchiamento in pellicola" (o De-aging) per riportare un attore, piuttosto in là con gli anni, all'età giovane. Effetto visto ne Il Curioso Caso di Benjamin Button (2008) e in The Irishman (2019). C'è però il rischio che il volto dell'attore ringiovanito, in certe scene, risulti bloccato e quasi plastico, come in questo film.

Gemini Man si dimostra comunque un prodotto piacevole agli occhi, con la fotografia curatissima del direttore Dion Beebe (Collateral, Miami Vice); un grandissimo sforzo l'avranno fatto anche i tecnici di macchina, i quali hanno girato con dispositivi UHD, aumentandone il realismo, specie nelle scene in dinamica (come la lotta in motocicletta).

Nel complesso diverte assai e trascina lo spettatore, nonostante la complessità narrativa sia pressoché assente.

Au revoir.

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