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È stata la mano di Dio, la recensione


È stata la mano di Dio sembrerebbe un chiaro riferimento al mito di Diego Armando Maradona che, come tutti sappiamo, è collegato alla locuzione "la mano de dios" e, mirando la pellicola, si vede (e si sente) "il ragazzo d'oro" - esclusivamente - di sguincio. 

In un episodio di The Young Pope, Lenny Belardo/Papa Pio XIII (Jude Law) dice: "l'assenza è presenza, sono le fondamenta del mistero". Gli anni '80 furono un periodo di grande mistero, soprattutto, gli anni che precedettero l'arrivo del fenomeno argentino presso la Società Sportiva Calcio Napoli.

Il film si apre con un suggestivo skyline del golfo di Napoli e in sottofondo ci sono delle discontinuità sonore. L'ultimo lavoro del regista napoletano è pieno di simboli e fonosimboli: "O' Munaciello" figura esoterica del folclore partenopeo; il mare; il traffico; lo scherzo; la mozzarella; i fischi e il puf puf degli offshore.

Il protagonista è Fabietto (Filippo Scotti) alter ego adolescente del regista, che vive con i suoi, una famiglia borghese di Napoli, gli Schisa: padre, madre, un fratello e una sorella (anch'ella mai in scena, ma onnipresente). Il papà è interpretato da Toni Servillo, mentre la madre dalla bravissima Teresa Saponangelo.

La storia ricalca il passato doloroso del regista, che perse entrambi i genitori in un tragico incidente domestico. Poi, vediamo tutti gli altri gradi della famiglia (e non solo), zii stralunati (interpretati dal monumentale Renato Carpentieri e dalla seducente Luisa Ranieri), cugini, nonni, amici e vicini; sembra un Amarcord, voluto, e non mancheranno le citazioni, sempre di sguincio, al maestro Fellini. 

Nella seconda parte (forse la più pasoliniana), invece, troviamo gli insegnamenti/ringraziamenti ad Antonio Capuano (Ciro Capano), colui che ha scoperchiato il talento del regista.

Non è il Sorrentino che vi aspettereste in La Grande Bellezza, This Must Be The Place o The Young Pope. È, anzi, quello più vicino a L'Amico di Famiglia (2006). 

Tecnicamente, qui, è didascalico, meno manieristico, anzi per niente! Pochi dolly system, assenza di rallentamenti dell'azione e di intermezzi musicali. C'è, invece, la realtà (o verosimiglianza?!) schietta, tanto schietta da sfociare in talune brutture. Perché il rischio di citare il proprio reale, per quanto possa essere doloroso, potrebbe finire per infastidire. Sorrentino, però, ha un grande pregio: non prendersi sul serio, consapevole del fatto che avrebbe tirato fuori uno sguardo bieco, grottesco, informale della "de-generazione" anni '80; dove, solo la mano di un Mito poteva salvarti e darti una seconda possibilità.

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