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Elzevirista dicit: Diabolik, esperimento cinefilo con qualche fuori contorno

Il fumetto è la più alta forma di divagamento e Diabolik è un fumetto di straordinaria modernità.

Diabolik fu concepito dalle sorelle Giussani negli anni ‘60, scritto e disegnato in quegli anni ma con una modernità che oggi non si vede in alcun concept.

L’originalità di Diabolik sta proprio nel protagonista, appunto Diabolik, che è un ladro e un assassino, braccato dalla polizia di Clerville (cittadina fittizia) capitanata dall’ispettore Ginko. Quando uscì per la prima volta nel 1962, il fumetto di Diabolik fu un’epifania al contrario, perché era (ed è) un personaggio negativo, che si faceva nemesi nel politicamente corretto di quell’epoca.

Paradossalmente, Diabolik segue “una sua morale”; si traveste, da capo a piedi, con una tuta aderentissima e nera come il carbone; ha un rifugio sotterraneo come Batman e un’automobile distintiva, una Jaguar E-type, anch’essa di colore nero. E, come tutti i criminali, ha un complice, anzi una complice biondissima, tanto affascinante quanto perfida: Eva Kant. Sunteggiando: Diabolik (2021) è un noir. E il film dei fratelli Manetti (uscito al cinema 16 dicembre 2021) lo ricalca alla perfezione, riportandone il totemismo del fumetto, però con uno stile personale e per niente emulativo rispetto al suo antesignano Diabolik (1968) di Mario Bava, opera da collezionisti pop art.

La conoscenza cinematografica dei fratelli Manetti è notevole (ma questo si sapeva dai tempi de L’ispettore Coliandro e da altri loro esperimenti di genere come Piano 17). Le influenze del cinema anni ‘60 e ‘70 sono visibili e si fanno sentire anche con le musiche rimestate di Pivio & Aldo De Scalzi, che nel preambolo fanno partire il tema “La profondità degli abissi” cantata da Manuel Agnelli. Belli i costumi, anche le scenografie che ricreano l’immaginario clervilliano (i set sono stati allestiti un po’ a Bologna, un po’ a Trieste, Milano e Cormayeur). La fotografia di Francesca Amitrano immortala luci fioche, ombre, sfondi nebbiosi, rimodellando l’aspetto della dimora di Diabolik come tempio del male.

I Manetti sono abili nell’inserire tanti esercizi di stile; gli split screen alla Brian De Palma e alla John Frankenheimer. Hanno creato punti di tensione con il classico ritmo hitchcockiano e sfumature horror alla Lucio Fulci.
L’interpretazione degli attori è stata egregia: Miriam Leone/Eva Kant è credibilissima, con una dizione perfetta (scelta coraggiosa quella di non doppiarsi). 
Valerio Mastrandrea è una garanzia, qui recita col mento e la pipa, e fa un ispettore Ginko plastico e serafico. Forse l’unico fuori contorno sta dove non volevamo che ci fosse: Luca Marinelli. La sua interpretazione non si discute, è micidiale, ma vi è una sorta di inadattabilità estetica al personaggio (e di questo credo se ne sia accorto anche Marinelli stesso). Per Diabolik ci sarebbe voluto un fisico da supereroe marveliano tra il fluido e il muscoloso e quindi meno statico.

Complimenti, dunque, ai Manetti Bros. che hanno rispolverato tanti stili cinematografici, così vetusti, da farci rivivere, volutamente, quelle atmosfere degli eurospy di Tanio Boccia. Una più che discreta prova di raffinata cinefilia.
Lo trovate disponibile in DVD, distribuito da Eagle Pictures o in streaming sulle piattaforme RakutenTv e CHILI. Au revoir!

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