Passa ai contenuti principali

Chi segna vince: quando la sconfitta insegna a vincere

La squadra di calcio delle Samoa americane divenne celebre per una clamorosa sconfitta: aver incassato, nel 2001, ben trentuno goal contro l'Australia, nell'incontro che si tenne a Coffs Harbour; un risultato oltre il tennistico, tanto da diventare un riconoscimento da Guinness dei primati.

Ovvio è che un risultato simile annichilisca squadra, allenatore e società. Infatti, per una decina d'anni la squadra delle Samoa subì un vero e proprio blocco evolutivo e fu così che decisero di ingaggiare un allenatore olandese: il mr. Thomas Rongen [persona sui generis col "vizio della bottiglia" e con un temperamento irascibile sfociante in noti scatti d'ira]; l'obiettivo del coach Rongen doveva essere di far segnare almeno un goal alle Samoa, che era già un traguardo ancora più arduo, che vincere di netto una partita.

Taika Waititi, premio Oscar per Jojo Rabbit (2019) dirige Chi segna vince (2023) un film nostalgico sulla terra che gli ha dato i natali, attraverso questa simpatica quanto bizzarra vicenda. E si sa che, girare e scrivere film che trasmettano leggerezza, è molto difficile; specie oggi con i tempi che corrono, far ridere e riflettere contemporaneamente è diventata un'impresa titanica. Parlare d'integrazione sociale, d'identità sessuale, di elaborazione del lutto, di autostima e rinascita, ma anche strappando una risata qua e là.

Il regista Waititi si rifà al documentario di Mike Brett e Steve Jamison del 2014 - Next Goal Wins - ne fa quasi un remake: più colorato, ricco di personaggi curiosi e di sinfonie emotive, alternando dramma e comicità. Waititi e il co-sceneggiatore Iain Morris hanno attinto dalla realtà, facendo una commedia che assomiglia tanto ad una puntata della serie tv Ted Lasso.

A Waititi piace rischiare e azzarda anche con la scelta dell'attore protagonista: Michael Fassbender nel ruolo di Rongen. La poliedricità di Fassbender è sorprendente. Egli si adegua ad una recitazione da commedia, genere molto lontano dai ruoli che ha ricoperto in passato.  

Il film non funziona in tutte le sue parti per via di personaggi marginali e poco delineati, penso a quello della ex-moglie di Rongen (Elisabeth Moss), ma andavano comunque inseriti per agevolare la narrazione e farci capire meglio il background di Rongen e il perché si trovasse ad allenare dall'altra parte del mondo.

Un film da vedere perché tra risate sincere e zampilli di leggerezza, lo spettatore può anche trovare spunti di riflessione interiori.                                                                                          

Commenti

Post popolari in questo blog

Il Mezzogiorno in "crisi apparente"

Se nel periodo invernale si giocava sul problema della crisi e delle persone che non riuscivano ad arrivare a fine mese, adesso, durante l'estate ci si dimentica che in fin dei conti non stiamo poi così male. L'estate è il momento in cui tutti si concedono la vacanza e l'Italia di mete ambite ne ha non poche: la Sardegna, la Calabria, l'Emilia-Romagna e la Puglia. Ed è proprio quest'ultima che sta spopolando soprattutto nelle zone del basso Salento: Otranto, Santa Maria di Leuca e Gallipoli. I flussi turistici sono variegati, molti napoletani, romani, toscani, ma anche Veneti e Lombardi. Una meta calda, poi specialmente, in questo mese dove si son sfiorati anche i 40° gradi all'ombra, e dove si vive l'estate intensamente. La movida notturna non manca con le discoteche all'aperto più note del salento: Guendalina, Quartiere Latino, Rio Bo, Casablanca, ecc... I servizi di ristorazione sono buoni, anche i prezzi, insomma, divertirsi a costi bassi. L'

La Furia di un Uomo, la recensione

Jason Statham ha già collaborato con il regista Guy Ritchie, era nel cast di Lock, Stock and Two Smoking Barrels (1998), film rivelazione per entrambi. Ne La Furia di un Uomo (2021), su Prime Video dal 27 dicembre 2021, Ritchie dirige di nuovo Statham che veste i panni di "H", un ibrido tra un John McClane e un Bryan Mils di Io vi Troverò e che dispensa battute ermetiche e ossa rotte in quantità uguali. Detta così pare si tratti di un b-movie qualsiasi, ma, fortunatamente, non lo è. Guy Ritchie è un regista abile nel ricomporre sceneggiature lineari attraverso il montaggio disorganico e le riprese poliedriche. Alcuni suoi lavori sono azzeccati (gli Sherlock Holmes , The Gentlemen , Snatch ), altri un po' meno ( King Arthur , Aladdin e il remake/floppone Swept-Away ). Con La Furia di un Uomo Guy Ritchie, invece, si è mantenuto in bilico, raggiungendo un equilibrio tra action tradizionale e heist movie . La Furia di un Uomo, da quello che si legge in giro, è un remake

Oppenheimer: quando distruzione e resurrezione coincidono

È superfluo usare l’appellativo “bello” per definire il nuovo film di Cristopher Nolan, sarebbe più appropriato “sorprendente”. J. Robert Oppenheimer, conosciuto ai più come “il padre della bomba atomica”, racchiuse in sé un gigantesco scrupolo di coscienza, che qui è raccontato in tre ore tormentate. Benché Oppenheimer (2023) ripercorra la vita turbolenta del fisico americano, che ha contribuito prima allo studio astratto e dopo alla ricerca e sviluppo empirico della bomba atomica, resta, comunque, un dramma sulla coscienza di un genio che concepisce la sua creatura e che la porta alla conoscenza collettiva, divenendo “errore cosmico”: condannando uomini, donne e bambini a quelle sventure che furono Nagasaki e Hiroshima. La sceneggiatura è basata su “American Prometheus”, libro biografico scritto da Kai Bird e Martin J. Sherwin nel 2005. Oppenheimer divenne chief del “Progetto Manhattan” dal ‘42 al ‘46; egli si fece costruire un laboratorio nel deserto di Los Alamos, nel Nuovo Messic